Pellegrinaggio sentimentale alla casa di Francesco Petrarca ad Arquà (PD)
Dalla porta-finestra della stanza da letto di Franceso Petrarca (stanza di Venere), chiusa da un poggiolo in ferro battuto che sostituì nel 1690 l'originaria balconata in legno, si può vedere il panorama del monte Cero, a destra, del monte Castello, a sinistra.
Il Monte Cero, a destra, ed il monte Castello a Sinistra, a cui poteta rimirare costantemente il Petrarca ogni momento; le piramidi italiane del faraone Francesco Petrarca.
La casa di Francesco Petrarca ha a mio avviso un valore inestimabile per molteplici motivi, che vanno al di là del valore che può avere la casa museo di uno tra i più grandi letterati al mondo; la casa, insieme al paesaggio circostante bucolico e alle atmosfere del borgo di Arquà Petrarca (PD) che magicamente nel corso dei secoli si sono conservate, rappresenta tuttora adesso un coacervo di verità, che altrove non è più possibile cogliere. Se a tante domande non trovate risposte, ad Arquà Petrarca le potete ancora trovare. Io personalmente l'ho visitata decine di volte. Perfino la notte in cui l'Italia vinse i mondiali di calcio, dopo aver festeggiato tutta la notte, convinsi i miei amici a raggiungerla alle 4 di notte. Ed in un silenzio di tomba, trovai risposte anche allora. La pace e la serenità che trasmette questo luogo, permette infatti di meditare, pratica di difficile attuazione altrove.
I protagonisti del Decameron in un dipinto di John William Waterhouse, A Tale from Decameron, 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool
Stanza da letto del Petrarca (Stanza di Venere). Si notino la porta per accedere allo studiolo sulla destra e sulla sinistra la porta-davanzale con il panorama dei colli euganei.
Facciata della casa di Francesco Petrarca. Dopo la morte del Petrarca si succedettero diversi proprietari, ma la casa non subì sostanziali cambiamenti, nel rispetto del ricordo del poeta. Il mito della casa come luogo di memorie petrarchesche e meta di pellegrinaggio letterario e sentimentale. Addirittura nel Cinquecento si può dire diventò una specie di San Giacomo di Compostella letterario e laico. Paolo Valdezocco, proprietario della casa dal 1546 al 1556, fece aggiungere la loggetta e la scala esterna, dalla quale tutt'oggi si accede al primo piano, e fece dipingere alle pareti gli affreschi che ancora si possono ammirare, ispirati alle opere del Petrarca. Le scene sono dipinte nella parte più alta, mentre la parte sottostante delle pareti è illustrata con motivi ornamentali a imitazione dei tessuti di damasco
Il poeta è trasformato in un cigno. ("ond'io presi col suon color d'un cigno")
Laura ed Amore trasformano il poeta in pianta di alloro ("[...] facendomi d'uom vivo un lauro verde, che per fredda stagion foglia non perde")
Il poeta si lascia cadere sull'erba e dal gran piangere si trasforma in fonte ("Come huom che tra via dorma, gittaimi stancho sovra l'erba un giorno. Ivi accusando il fuggitivo raggio, a le lagrime triste allargai 'l freno et lasciaile cader come alor parve; né già mai neve sotto al sol disparve com'io sentì me tutto venir men, et farmi una fontana a pié d'un faggio")
A destra, Laura strappa il cuore al poeta ("Questa che col mirar gli animi fura, m'aperse il petto, e 'l cor prese con mano"). Al centro il poeta incontra Laura ma non la riconosce (Poi la rividi in altro habito sola, tal ch'i non la conobbi, oh senso umano") ed a sinistra Laura trasforma il poeta in un sasso ("Tosto tornando, fecemi, oimè lasso, d'un quasi vivo et sbigottito sasso")
Il cervo inseguito dai cani: "Una sfera m'apparve da man destra, con fronte humana, da far arder Giove, cacciata da duo veltri, un nero, un biancho".
Studiolo del Petrarca, luogo di lavoro e di meditazione,dove egli conservava i suoi preziosi e amati libri, e dove nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374 morì. Nello studiolo si conservarono la seggiola e il vetusto armadio-libreria che sarebbero stati usati dal Petrarca, secondo una tradizione attestata sin dal Cinquecento.
La morte di Laura: "Alfin vid'io per entro i fiori et l'erba pensosa ir sì leggiadra et bella donna"
Luigi Ceccon, Francesco Petrarca, 1874. Monumentale statua del poeta che si può ammirare al piano terreno della casa di Arquà.
Arca in marmo rosso, Tomba di Francesco Petrarca ove il Petrarca vi fu tumulato nel 1380 Sullo sfondo la chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta. Sull'attuale sagrato della chiesa, fino al al XIX secolo adibito a cimitero, vi è la tomba del poeta, edificata nel 1380 dal genero Francescuolo da Brossano suo erede testamentario. Sulla sommità dell'arca la testa in bronzo del poeta, ora sostituita da una copia, il cui originale è esposto proprio nella casa.
Sul sarcofago, sostenuto da quattro pilastri, vi è incisa l'epigrafe che sarebbe stata dettata dallo stesso poeta "Questa pietra ricopre le fredda ossa di Francesco Petrarca; accogli Vergine Madre la sua anima; tu o Figlio della Vergine, perdona. E possa essa, stanca ormai della terra, riposare nella rocca celeste." (Frigida francisci palis hic tegit ossa Petrace; suspice virgo parens animam; sate virgine parce. Fessaq(ue) iam terris celi requiescat in arce M CCCLXXIIIJ XVIIIJ JULIS")
Visione notturna della Tomba di Francesco Petrarca. Nel suo testamento F. Petrarca scrisse "Se chiudessi i miei giorni in Arquà, dove è la mia casa di campagna, e Dio mi avesse concesso quel tanto desidero, di costruire cioè una modesta cappella in onore della Vergine, in essa prescelgo di essere seppellito. Se no più in baso, in luogo decoroso presso la pieve." (la cattiva abitudine di riesumare i cadaveri di illustre personaggi, come ultimamente è successo per Padre Pio c'è sempre stata se si pensa che anche la tomba di Francesco Petrarca fu aperta nel 1873, e vennero prese le misure antropometriche dello scheletro del poeta. 
Vagando per le ripide vie di Arquà, si può ancora cogliere un'atmosfera medioevale che a ragione contribuisce a rendere il borgo famoso. Ancora oggi il borgo è imbevuto della presenza del poeta, e si può dire che ogni pietra parli di lui e della sua poesia, infondendo al visitatore la stessa tranquillità e la stessa serenità che l'anziano poeta potè trovare nel suo soggiorno euganeo.
A 19 km a sud-ovest di Padova, a Valsanzibio di Galzignano, in una conca circondata da amene colline poste ad anfiteatro, si trova villa Barbarigo, oggi Pizzoni Ardemani, cinta da un’ eccezionale testimonianza di giardino secentesco, uno tra i più importanti ed integri in Europa e definito "perla degli Euganei". Copre oltre 150.000 mq e comprende il famoso labirinto antico di bossi, che si sviluppa per oltre 1.500 metri lineari (il solo labirinto, con quello di Villa Pisani, a Stra, che si sia conservato nella nostra regione). II giardino meraviglioso è inoltre caratterizzato da un ricco patrimonio di viali, aiuole fiorite, statue (in buona parte opera del Merengo), giochi d’acqua, fontane e decorazioni architettoniche volte ad accentuarne la vastità e la pittoricità. L’ingresso della villa serviva anche di approdo alle barche giunte attraverso la valle da pesca di Santo Eusebio, da cui il nome "ValSanZibio". Un tempo estesa a tutta la pianura la "Valle" oggi si limita al laghetto preservato per rispecchiare l'elegante costruzione. Video dalla stanza da letto di Francesco Petrarca (PD)
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