domenica 11 maggio 2008

Ascesa al buso dei Briganti sul Monte Cinto


"eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus fluminum et oceani ambitus et giros siderum, et relinquunt se ipsos" (‘E gli uomini se ne vanno ad ammirare le alte cime delle montagne, i flutti smisurati del mare, i corsi lunghissimi dei fiumi, l’immensità dell’oceano e il moto degli astri, e abbandonano se stessi’). Confessiones di Sant'Agostino

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Esclusivo: Sciretti Alberto illustra il Buso dei Briganti (alla Alberto Angela)

Ci fu un tempo in cui uno, prima d’avventurarvisi per le strade, faceva testamento e poi si segnava tre volte. Quel gruppo di sassi, chiamato Buso dei Briganti, a tre quarti del Monte Cinto sui Colli Euganei, era un covo di ladri e di briganti. Io sono stato lassù, a mio rischio e pericolo. I briganti per fortuna erano impegnati altrove perchè son riuscito a ritornare indietro sano e salvo.
I briganti erano tutti uomini prestanti ed atletici, con alti cappelli conici, sciarpe, uose di cuoio rilegate alle gambe con fettuccie rosse, fucile pugnale e fiaschetta ad armacollo. Il fenomeno del brigantaggio fu di portata nazionale. Per quanto riguarda queste zone fra i briganti e i gendarmi s’iniziò una lotta terribile, che finì con lo sterminio dei primi il 15 marzo 1856: 100 impiccati sulla piazza d’Este! Questa l’ultima retata. Per ulteriori informazioni clicca qui

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L'ascesa al buso dei Briganti, uno dei luoghi più suggestivi dei colli Euganei. I Briganti lesti come caprioli, giù per quel canalone si precipitavano al piano, per calare sui malcapitati viandanti; e non solo di notte, ma anche in pieno giorno.

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Frequentato fin dagli albori della storia umana e punto di osservazione sulla pianura, da cui si potevano controllare le vie di percorrenza obbligate, questa singolare formazione geologica è stata, nel corso degli anni, torre di guardia, forte, polveriera clandestina e nascondiglio di briganti. Suggestiva è l’apertura nella trachite che sosteneva un pesante portone a chiusura dell’accesso al pianoro esterno della formazione rocciosa, creando quell’alone di leggenda che l’accompagna ancora.
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Panoramica del Buso dei Biganti. Si intuisce come i briganti avessero scelto questa sporgenza rocciosa, potendo così controllare la pianura sottostante e scorgere possibili viandanti che la attraversavano. Una volta avvistati si precipitavano giù per fare quello di cui erano capaci.

Panoramica dal Buso dei Briganti, uno dei più bei punti d'osservazione della pianura Veneta.
Monte Lozzo dal buso dei briganti.

Monte Lozzo visto dal "Buso dei Briganti"
Particolare dei campi adiacenti Lozzo Atesino, visti dal buso dei briganti.
Al buso dei briganti sono rimasti esclusivamente ramarri e lucertole, che lo popolano felicemente.
Gli speroni rocciosi di trachite del buso dei briganti
Lo sperone roccioso del buso dei briganti visto dal basso
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Una cava dismessa di riolite colonnare sul Monte Cinto.
Sciretti Alberto alla cava di Riolite sul Monte Cinto.

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Sommità del Monte Cinto dove si trovava un castello medioevale. I resti che si possono ancora vedere sono ben pochi, ma il luogo è affascinante con un verde lussureggiante.
Sulla sommità del monte Cinto, un po' nascosta si trova una grotta che ho visitato (con un po' di coraggio), priva di pippistrelli.
Interno della grotta, che probabilmente faceva parte del Castello medioevale.

Strategicamente importante per il ruolo di controllo sulla pianura circostante e sul settore sud occidentale dei Colli Euganei, il Monte Cinto era già frequentato dall’uomo in epoca preistorica (come testimoniano i reperti dell’Età del Bronzo rinvenuti). Nel Medioevo fu sede di un castello di cui si hanno notizie a partire dall’anno Mille. Il nucleo fortificato, raso al suolo una prima volta nel 1242, fu ricostruito e definitivamente abbandonato nel XV sec. Dopo la conquista della zona da parte della Repubblica di Venezia. Le rovine, che ancora oggi testimoniano un’antica potenza, occupano tutta la cima del colle; alcuni tratti sono ancora visibili.
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Potatura legnosa della vite sul Monte Cinto. La potatura dipende da tanti fattori (livello di fertilità del terreno, disponibilità di acqua,intensità di radiazione solare, distanze di impianto, tipo di produzione)

Particolare. La vite a Maggio. Lungo il sentiero del Monte Cinto è pieno di filari di vite.
IL SENTIERO DEL MONTE CINTO per arrivare alla Busa dei Briganti

Partenza: Cento metri dal piazzale del Museo Geopaleontologico di Cava Bomba. Nel caso che il museo sia chiuso il sentiero può essere imboccato da via Chiesa dietro la parrocchiale di Cinto parcheggiando nello spazio di fianco al ristorante “Cinzia”.

L'impianto di Cava Bomba era una fornace per la produzione di calce viva, rifornita dal pregiato calcare della cava sul monte Cinto a ridosso del grande tino di cottura. Il complesso rappresenta una bella ed affascinante realtà di archeologia industriale ed uno dei più imponenti esempi di fornace dei Colli Euganei, in attività fino agli anni '70, documento di un passato recente e delle sue implicazioni socio-economiche. Attualmente vi si trova il Museo Geo-paleontologico.

La sommità del forno è sul piano di cava, al quale è collegata con un pontile dove scorrevano i carrelli che trasportavano la roccia calcarea e, in alternanza, carbone coke per alimentare il forno.
Sciretti Alberto su un carrello a Cava Bomba.
Modelli di dinosauro in scala naturale a Cava Bomba
Sciretti Alberto sul sentiero del Monte Cinto

Lunghezza del percorso: 5,3 Km comprese deviazioni Dislivello complessivo: 267 metri
Grado di difficoltà: medio.
Stagione più favorevole: primavera
Tempo medio di percorrenza: 3 - 4 ore

Apicoltura sui colli Euganei.

I principali tipi di miele prodotti nella zona dei Colli Euganei, zona particolarmente vocata per le particolarità botaniche, sono quello di Acacia, il Millefiori, il Castagno e il miele di Melata. Circa il 99% del miele prodotto sui Colli Euganei viene venduto in barattolo, e solo una piccolissima parte è destinato a impieghi diversi, soprattutto come ingrediente di medicinali (sciroppi, creme) e per la produzione di liquori.
Quando le api scompariranno dalla faccia della terra, all'umanità resteranno solo quattro anni di vita: niente più api, niente più impollinazione, niente più piante, niente più animali e niente più uomini. La frase, dalla paternità incerta, viene attribuita ad Einstein. E' da parecchio tempo in circolazione ed ha previsto con decenni d'anticipo la moria che sta azzerando la popolazione delle api, anche nel territorio euganeo. A lanciare l'allarme sono gli apicoltori e i produttori di miele, visto che gli insetti in questione stanno morendo con un ritmo impressionante e si parla di 7 arnie su 10 svuotate dalla strage silenziosa. La colpa viene data, anche se sull'argomento si sta discutendo molto a livello mondiale, ad alcuni pesticidi di nuova generazione, che colpiscono indistintamente gli insetti nocivi e pure le api.


Sciretti Alberto sul Monte Cinto. ove sono finite le api?

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